Dolcificanti: fanno bene o male?
Possiamo avvertire il sapore dolce sia attraverso sostanze naturali che artificiali.
Quello su cui vorrei soffermarmi è perché esistono così tante sostanze dolcificanti e quali sono le migliori?
I dolcificanti naturali sono zuccheri o carboidrati semplici che a differenza dei carboidrati complessi come l’amido della pasta, risvegliano in noi immediatamente il gusto dolce. I dolcificanti artificiali invece sono di origine chimica.
Dolcificanti naturali che apportano calorie:
Noi tutti identifichiamo per zucchero comune quello che in chimica è chiamato saccarosio. Si estrae dalla barbabietola da zucchero o dalla canna da zucchero, ma è presente anche nella frutta matura e nel miele assieme ad un altro zucchero naturale, il fruttosio. Lo zucchero del latte è invece il lattosio.
Ormai conosciamo tutti i rischi di un eccesso di zuccheri per la nostra salute, tanto che gli zuccheri semplici dovrebbero costituire massimo il 10-15% dell’apporto calorico giornaliero.
Nei banchi del bar accanto al comune saccarosio troviamo lo zucchero grezzo. Esso è semplicemente zucchero che non ha subito completa raffinazione e presenta quindi dei residui di melassa che non vanta particolari valori nutrizionali. Lo zucchero grezzo ha quindi le stesse calorie e gli stessi difetti del comune zucchero.
Il fruttosio, conosciuto come zucchero della frutta, ha le stesse calorie del saccarosio ma un potere dolcificante maggiore. Ha però un indice glicemico più basso dello zucchero e non ha il suo stesse effetto sull’innalzamento dell’insulina. Per questo motivo è diventata la panacea per chi soffre di diabete e per molte case commerciali che lo hanno inserito ad esempio anche nelle bevande per bambini. Attenzione però che l’assunzione di più di 30 g di fruttosio al giorno, può provocare ipertrigliceridemia. Il fruttosio può essere immagazzinato nel fegato, ma se l’assunzione è eccessiva e supera le capacità di questo organo (le scorte di glicogeno sono già colme), sarà convertito in trigliceridi e quindi in grasso.
Il miele è il dolcificante più antico e l’unico utilizzato in passato a lungo dall’uomo. E’ composto prevalentemente da fruttosio e glucosio. Presenta tracce di minerali e piccole quantità di vitamine, enzimi, sostanze battericide e antibiotiche.
Attenzione è sconsigliato darlo ai bambini al di sotto di 1 anno. Può contenere spore come quelle prodotte del botulino (Clostridium botulinum) che oltrepassando lo stomaco, arriva all’intestino immaturo di un neonato e può germinare producendo una tossina neurotossica.
Dolcificanti naturali o polialcoli:
Conferiscono il sapore dolce anche composti presenti in natura in frutta e verdura. Terminano tutti in –olo, come il sorbitolo (E420) (presente in alcuni frutti), lo xilitolo (E967) (adoperato ad esempio nelle gomme e dentrifici) e il maltitolo (E965) (presente in alghe e funghi). Se assegniamo al saccarosio potere dolcificante pari a 1, avremo che questi edulcoranti hanno invece un potere che oscilla tra la metà (0,5) alla quasi eguaglianza (0,9). Hanno un potere calorico simile al saccarosio (3,5 kcal/kg), ma ne viene assorbito solo il 20% di ciò che viene ingerito. Sono digeriti lentamente e hanno proprietà osmotiche, tanto che consumati in eccesso hanno effetti lassativi e possono provocare flatulenza. Sono sconsigliati a chi soffre di colon irritabile. Di contro hanno un basso indice glicemico e non portano alla formazioni di carie dentali, sono cioè acariogeni.
Appartiene a questa categoria anche l’eritritolo (E968), che mi vedete spesso utilizzare nelle ricette dolci. E’ ottenuto per fermentazione microbica di substrati zuccherini per mezzo di lieviti. E’ acariogeno come gli altri polioli, ha indice glicemico zero e zero calorie. Solo il 10% dell’eritritolo consumato entra nel colon, la maggior parte è invece assorbita dal tenue e dopo essere entrato nel circolo sanguigno, il 90% è escreto con le urine. Dato che la maggior parte viene assorbita prima di arrivare al colon, in genere non ha gli stessi effetti lassativi degli altri polialcoli. Uno studio del 2005 afferma che il microbiota intestinale umano non è in grado di fermentare l’eritritolo.
Un altro dolcificante naturale è la stevia, una pianta le cui foglie hanno potere dolcificante. I principi attivi sono i glicosidi steviolici in grado di dolcificare da 30 a 300 volte in più rispetto al comune zucchero. La stevia non apporta calorie e la dose giornaliera assimilabile (DGA) è stata fissata a 4 mg/kg di peso corporeo. Non dona però a sufficienza il sapore dolce, tanto che in molte bevande gassate, è associato con edulcoranti artificiali, compromettendo quindi la “naturalità” del prodotto.
I dolcificanti artificiali o intensivi sono non nutritivi, ovvero c'è assenza di valore calorico. Sono sintetizzati in laboratorio e hanno un forte potere dolcificante che può salire a 30 a 500 volte quello dello zucchero comune. Sono utilizzati per rendere dolci alimenti o bevande. Tra quelli riconosciuti dall’Unione Europea ci sono: aspartame, acesulfame, ciclammato e saccarina.
Prima di presentarvi i vari dolcificanti intensivi, vorrei però spiegarvi cos’è la dose giornaliera assimilabile o DGA. E’ espressa in mg di sostanza/kg di peso corporeo/die e corrisponde alla quantità massima di dolcificante che può essere assunta con sicurezza nelle 24 h.
L’ aspartame (E915) ha un potere dolcificante (PD) di 200, la sua dose giornaliera assimilabile (DGA) è di 40 mg/kg e per sostituire un cucchiaino di zucchero (6 g) sono sufficienti 0,03 g di aspartame. Attenzione è sconsigliato a chi è affetto da fenilchetonuria in quanto è composto da acido aspartico e fenilalanina e chi soffre di questa patologia ha difficoltà ad assimilare la fenilalanina. Spesso quando si parla di aspartame lo si associa al rischio cancerogeno; vi riporto allora qui uno stralcio del comunicato dell’EFSA (European Food Safety Autority) che spiega perché l’aspartame è sicuro:
“Nella prima valutazione completa dei rischi dall’additivo alimentare aspartame eseguita dall'EFSA, gli esperti dell'Autorità hanno concluso che l'aspartame e i suoi prodotti di degradazione, ai livelli correnti di esposizione, sono sicuri per il consumo umano. “
E’ quindi necessario attenersi alla DGA, che ovviamente non ha validità per chi è affetto da fenilchetonuria.
L’acesulfame K (E950) ha un potere dolcificante (PD) che va da 130 a 200, una dose giornaliera massima (DGA) di 9 mg/kg e un cucchiaino di zucchero corrisponde a 0,03 g di acesulfame K. Può essere sottoposto a cottura e per questo è molto utilizzato in alimenti come conserve, marmellate e bevande.
Il ciclamato (E952) ha un potere dolcificante (PD) di 30 e quindi ridotto rispetto agli edulcoranti presentati prima, la dosa giornaliera assimilabile (DGA) è di 11 mg/kg e 0,2 g di questo dolcificante corrispondono ad un cucchiaino di zucchero. Attenzione è sconsigliato nei regimi iposodici. Si trova spesso nelle bevande analcoliche, in confetto e nelle gomme.
La saccarina (E954) ha un elevato potere dolcificante (PD) che oscilla tra 300 fino a 500 e di conseguenza la dose giornaliera risulta bassa ed è rappresentata da 2,5 mg/kg. Per sostituire un cucchiaino di zucchero sono sufficienti 0,01-0,02 g. Avendo un retrogusto amaro, in commercio viene spesso associato al fruttosio. Può essere sottoposto a cottura.
Dopo questa panoramica sui vari tipi di dolcificanti che ci ha permesso di conoscerli meglio, la domanda è: fanno bene alla salute e alla linea?
In regimi dietetici particolari, come ad esempio in presenza di diabete o semplicemente perché “sto a dieta”, si consumano dolcificanti intensivi, non nutritivi. Si sceglie quella bevanda “zero” oppure si compra quel pacchetto di gomme “senza zuccheri”. Ho voluto analizzare le ultime pubblicazioni e mi sono imbattuto in questo studio canadese di luglio 2017 condotto nell’Università di Manitoba. Si tratta di una revisione sistemica di 37 studi e di questi solo 7 studi erano trial randomizzati controllati (per semplificare uno studio così condotto rappresenta il top nella ricerca clinica), coinvolgevano 1003 persone seguite in media per 6 mesi. Gli studi non hanno mostrato un effetto consistente nella perdita di peso usando dolcificanti artificiali. Studi osservazionali più lunghi, hanno mostrato un legame tra il consumo di dolcificanti artificiali e rischi relativamente più elevati di aumento di peso e obesità, ipertensione, diabete, malattie cardiache e altri problemi di salute.
Ora la domanda sorge spontanea, perché qualcosa privo di calorie dovrebbe aumentare il rischio di aumentare di peso?
Dati emergenti indicano che i dolcificanti artificiali non nutritivi possono avere effetti negativi sul metabolismo, i batteri intestinali e l’appetito, sebbene ci siano ancora delle evidenze in contrasto.
Si sta facendo luce sugli effetti dei dolcificanti artificiali sul cervello nel regolare l’appetito e nel regolare la percezione del gusto. Se ad esempio si ha una esposizione cronica ad una dieta che contiene sucralosio come dolcificante, si è notato come gli animali inizino a mangiare di più.
Nei centri di ricompensa del cervello, la sensazione di dolce è integrata con il contenuto energetico.
Quando per un lungo periodo avviene il paradosso di percezione di estrema dolcezza ma a cui non corrisponde adeguata energia, il cervello si ricalibra e aumenta le calorie totali assunte. Andremo a mangiare di più.
A questo può aggiungersi un effetto psicologico, sapere di avere assunto un minor numero di calorie scegliendo quella bevanda “zero” o quel cibo “light”, può spingerci a dire “posso concedermi di più”, senza avere percezione di quanto spingerci oltre e innescando questo meccanismo mentale in più circostanze, forti dell’ampia offerta di mercato di prodotti “senza calorie”, “a ridotto contenuto di zuccheri” ecc…
Questo può avere effetti a cascata su chi è soggetto maggiormente ad un “craving” di carboidrati.
La “soluzione” è sicuramente lentamente assuefarsi meno al sapore “troppo dolce”, tanto da non assoggettarsi ad esso come uno status quotidiano ma vivere invece le occasioni in cui gustarlo, con sempre maggiore serenità e senza soccombere ai sensi di colpa.
Riferimenti bibliografici:
Tabelle INRAN
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